Feature in Gazzetta di Parma

EREDITA’ PRESENZA CHE DURA DA PIU’ DI UN SECOLO

Fu qui che i valcenesi aprirono i «cafes» per ristorare i lavoratori delle miniere

Luca Dombrè

II «Grazie a Dio per gli italiani! Il Galles non sarebbe lo stesso senza di loro». Così parlò Dylan Thomas, il sommo poeta gallese che come nessuno ha saputo comunicare la ruvida e malinconica dolcezza della propria terra.

Uno spicchio di Gran Bretagna pregno di un’identità e una storia spesso ingiustamente misconosciu e, ma il cui fascino ed importanza custodiscono vicende degne di nota. Come, appunto, quella degli italiani emigrati a partire dall’ultimo decennio dell’ 800 nel sud del Galles (che si estende su una superficie di poco inferiore a quella dell’Emilia Romagna) a portare caffè, dolciumi e gelati che addolcissero l’aspra quotidianità delle miniere di ferro e carbone.

Una realtà che si svela ancora più interessante scorrendo i cognomi presenti in questa comunità, tra cui Rabaiotti, Sidoli, Gambarini e Fulgoni, alquanto familiari all’orecchio parmigiano. Questo proprio perché la grande maggioranza di essi proviene originariamente dalla Valceno, in special modo da Bardi e le sue frazioni. Fra questi, i pionieri che introdussero la cultura degli «italian cafes» nei villaggi delle «valleys» del bacino carbonifero furono i cugini Bracchi (passati prima da Londra), nome che venne ad indicare per antonomasia gli esponenti della comunità italiana. Con il loro passionale approccio alla vita e i suoi sacrifici, i «bracchis» si feceo immediatamente ben volere dai gallesi, a cui li assimilava non solo la musicalità dell’accento, ma soprattutto la predisposizione al duro lavoro, la devozione alla famiglia e la loro tipica cordialità, tutte componenti essenziali dell’ultracentenaria presenza bardigiana nell’antica nazione celtica.

In questo senso, la testimonianza di Romeo Basini (presidente del club Amici Valceno Galles, punto di riferimento della comunità) e Aldo Bacchetta (storico dell’eredità italo-gallese e per decenni gestore del «Bacchetta’s Cafè» aperto da suo padre nel 1932 a Porth) è preziosissima e densa di racconti e notizie. Come, ad esempio, l’indicazione che ogni singola miniera (più di una sessantina) era servita da un «coffee shop» italiano a fungere da punto di ristoro per i lavoratori, elemento rivelatore del profondo radicamento degli immigrati nel locale tessuto sociale.

E, guidando attraverso i «villages», balza subito all’occhio come tale presenza non si sia affatto assopita – sebbene l’ultimo sito estrattivo abbia chiuso i battenti proprio poche settimane fa, ma anzi resti ben visibile nelle numerose insegne riportanti cognomi italiani.


Galles: Il carretto dei gelati dei Bracchi in una foto del 1912.


Qui sopra, Aldo Bacchetta con il fratello Renato.

Di questi caffè, Romeo spiega che alcuni non sono più gestiti dai loro fondatori e sono stati rilevati da immigrati di altra provenienza. Eppure il nome dei negozi non viene cambiato esattamente perché parte rassicurante ed imprescindibile del contesto, tanto che si conserva a dispetto della causa che lo aveva originato: servire i lavoratori del principale serbatoio energetico dell’impero britannico.

Mentre le miniere sono oggi archeologia industriale, i «cafes» restano infatti un’istituzione sempreverde. Questa importanza trova un corrispettivo anche a St.Fagans, il museo della civiltà gallese, dove all’ingresso i visitatori sono accolti da un moderno coffee shop chiamato «Bardi».

Di antico e caratteristico non vi è in realtà nulla, però i ritratti di Aldo ed altri «bracchis» dietro ai banconi dei loro negozi, tra caramelle e splendide macchine antiche da caffè, stanno lì a testimoniare, assieme al nome del locale, il prestigio garantito dall’eredità italiana.

Ma la storia dei bardigiani gallesi non è solo nostalgia da cartolina. Per rendersene conto, basta andare in un pub del centro di Cardiff, ad esempio alla fine dell’incontro di rugby tra Galles e Italia. Qui sono almeno una ventina gli affabili ragazzi che vestono il rosso del dragone, ma portano inevitabilmente nel cuore anche l’azzurro della nostra nazionale. Tra loro, Mark Tambini e Romano Marenghi sono una coppia speciale, perché formano l’interessante duo musicale «Jam with Robina» (www.myspace.com/jamwithrobina).

Hanno da poco pubblicato il loro primo album e suoneranno a Bardi attorno alla metà di agosto. Un consueto ritorno, come ogni estate, alla terra d’origine delle loro famiglie, ma anche un omaggio artistico ad essa per ribadire come l’identità dei «welsh-italians» non sia affatto divisa, bensì incarni un patrimonio davvero unico e profondaGalles mente sentito.

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